Sebastiano Montresor: Tette, Culi ed Exploitation

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Sebastiano Montresor, regista

Sebastiano Montresor – foto ©Alessandro Venier

Vigasio è un paesino della bassa veronese. A Vigasio le cose si stratificano. Ogni generazione aggiunge il suo strato e quella successiva inizia ad accumulare cose su di questo. Cosi oggi gli abitanti di Vigasio abitano su questa traballante pila di roba accumulata, di case decadenti piene di vecchi mobili, valige, auto, moto, proiettori, vecchie riviste, libri e ogni altra cosa che si possa immaginare. Tutto ha un sano strato di polvere o marciume che lo ricopre.

Qui vive e lavora Sebastiano Montresor, che avevamo già intervistato per l’uscita di Vigasio Sexploitation vol. 1. Ci ha accolto nel suo studio, ovviamente pieno di roba accumulata da suo nonno, suo padre e lui.

Come è nata la tua passione per il cinema?

È nata a 14 anni. In quel periodo guardavo Indiana Jones, Guerre Stellari, che già mi appassionavano molto. Mia madre mi ha fatto vedere Psycho e li ho capito che volevo fare cinema. Ho coltivato la mia passione negli anni. Ricordo che a scuola, mentre i miei compagni studiavano latino e greco, leggevo e sottolineavo i Castoro Cinema ed i vecchi Cineforum. Cosi ho iniziato a crearmi i primi pezzi della mia filmografia.

Quali sono i tuoi autori preferiti? A chi ti ispiri?

Pasolini sicuramente, Bergman, Eisenstein, Tarkovsky, tutto il cinema di serie B italiano e non; di genere, quindi fantascienza, horror, e quant’altro. Mi piace la reiterazione del genere, la ripetizione sempre leggermente spostata di segno, che permette di migliorare un particolare stile o genere. Poi Tarantino, Lars Von Trier e Cronenberg sicuramente. Guardo tutti i film, cerco di farmi affascinare da tutto quello che vedo.

Qual’è la tua formazione? Hai studiato per fare questo lavoro?

Dopo il liceo ho frequentato l’Accademia Internazionale per le Arti e le Scienze dell’Immagine all’Aquila. Più che darmi una formazione cinematografica, che non mi ha dato per niente, mi ha dato la possibilità di conoscere tante altre persone con cui mi trovo a collaborare ancora e che hanno la stessa passione.

Hai mai pensato di esprimerti con altri mezzi?

No, l’immagine filmata è l’unico mezzo che ho, del quale mi sento pienamente padrone, anche se so che posso migliorare. Sento che è il mio mezzo, la macchina cinema è il mio modo di raccontare storie, per raccontarle come mi sento dentro e per far passare il messaggio nella maniera più universale e meno confusa possibile.

Parlaci dei tuoi lavori.

L’Eredità di Caino racconta il senso di inadeguatezza alla realtà. Ci siamo isolati in questo capannone, tra queste quattro mura completamente nere. Credo che riesca ad esprimere abbastanza bene questa sensazione, di essere fuori dal mondo, di non appartenere alla logica delle cose che ci circondavano in quel momento. L’inadeguatezza di cui parlo non è riferita al come raccontare la storia, come dirigere gli attori. É proprio come ci sentivamo in quel momento, non eravamo pronti ad affrontare il mondo del lavoro, avevamo delle idee da esprimere, che sottintendevano una forte nostalgia verso qualcosa che c’era, ma che abbiamo perso. Il costringerci in quella location ha fatto esplodere queste sensazioni

Con Vigasio Sexploitation Vol. 1 racconto una storia d’amore tra l’Agente Danger e l’Agente Eva. Danger deve risolvere un caso, arrivato a Vigasio con questo misterioso uovo. Inizialmente pensa di farcela da solo, ma poi si rende conto di avere bisogno di aiuto e quindi contatta l’agente Eva, che si scoprirà essere la sua ex fidanzata. Lei lo salverà nel momento di sua massima debolezza. C’è un ribaltamento, invece di essere la principessa ad essere salvata, in questo caso è il principe azzurro quello in difficoltà.

Vigasio Sexploitation Vol.2 è l’opposto, sia da un punto di vista di registro del racconto, sia dal punto di vista della fotografia. É un film più divertito, decisamente trash. Non aveva alcuna urgenza espressiva se non il desiderio di realizzare immagini e divertirsi a raccontare, con dei bei colori pop, caldi, con un bel sole, questa storia divertente, a basa di tette, culi e improbabili alieni scesi sulla terra. Andava perfettamente a controbilanciare la pesantezza di Vigasio Sexploitation Vol. 1.

K Smette di Fumare è la battaglia, mia personale e di ogni fumatore, contro le sigarette. Alle sigarette ho dato un valore metaforico, come la madeleine proustiana. Sono in grado di rievocare delle esperienze vissute nel passato. Ogni volta che K fuma una sigaretta sta bene, da un punto di vista morale e psicologico prima che fisico. Fumare la sigaretta non mette a tacere il suo bisogno di nicotina, ma lo fa star bene perché riesce a combattere l’assenza che ha dentro. Con il fumo riesce a recuperare momenti belli del passato. Quando smette di fumare il mondo gli crolla addosso. Deve tornare nella città per cercare di risolvere la matassa che lo attornia. Il centro antifumo gli affida questo account, che in qualche modo lo costringe a smettere di fumare e a confrontarsi con i suoi pensieri. Tornerà al suo antico amore e farà in modo che l’account lo operi per donare all’amata il suo intestino e salvarla. É forse il mio film più completo, con una successione logica più chiara, più facile da seguire, pur mantenendo degli aspetti divertenti e autoironici che contraddistinguono i miei film. É un film nostalgico e struggente. Anche la colonna sonora è completamente diversa.

K è più vicino a Caino. Li accomuna il desiderio di recuperare qualcosa del passato che manca, senza riuscirci.

Perché fissarsi con il genere Sexploitation?

In realtà ritengo di aver esaurito il genere e di averlo abbandonato. L’exploitation mi piaceva vicino alla parola Vigasio, mi piaceva l’idea che Vigasio fosse conosciuta su internet anche per questo suffisso composto da Sex ed Exploitation. Quindi credo di aver abbandonato il termine. Tuttavia sento il bisogno di adoperare immagini pornografiche, nel senso più mentale che fisico della parola, per controbilanciare questi temi intimisti che vado a trattare. Mi sembra di essere retorico, non voglio aprire troppo alcune porte allo spettatore. Preferisco che chi guarda i miei film segua un percorso tortuoso per arrivare a quel quid che è il perfetto equilibrio tra la dolcezza e una figa che espelle un pacchetto di HB. Tutto questo sarà molto chiaro con l’uscita dell’ultimo film.

Quali sono i criteri che utilizzi per i casting?

Sono i più svariati. Posso fissarmi sul protagonista e sono disposto anche a spendere cifre più alte per avere l’attore che desidero. Vedi Andrea Bruschi per Vigasio Sexploitation Vol. 1, Filippo Timi per L’Eredità di Caino, Marco Tizianel per K Smette di Fumare.

Spesso arrivano candidature via mail e posso permettermi il lusso di scegliere dal computer dello studio.

Sono comunque sempre alla ricerca di attori. Quando giro per il paese, se vedo un viso interessate che mi piace mi fermo e chiedo se gli interessa recitare. La maggior parte delle volte mi prendono per pazzo, ma c’è sempre quella piccola percentuale di persone che ti sorprende. Eveline e Emanuela Petroni sono un esempio di questo approccio.

Tante volte ho dovuto usare le maschere proprio per l’assenza di attori, specie nei primi lavori. Visto il tipo di scene che andavo a girare, molti non volevano metterci la faccia. In questo caso la maschera diventa espressiva. Già il teatro dell’arte usava questi espedienti. Usando la maschera giusta, chi la indossa non è un personaggio mascherato, ma diventa un’icona. Sono sempre stretto tra la necessita e far diventare stile quello che ho a disposizione.

Perché non si è ancora visto il trattore nei Cinema Agricolo?

Perché è un tema cosi importante che sto ancora cercando la storia giusta per raccontarlo. In realtà un trattore è comparso in una scena tagliata di K Smette di Fumare, perché era un trattore fortemente connotato, con una doppia bandiera della Lega. L’avevo inserito semplicemente per fini polemici o di divertimento, giusto per pigliare per il culo questo partito politico ridicolo e vicino al nazifascismo. Mi hanno però consigliato di non espormi così tanto e, visto che la scena non aggiungeva valore al film, ho deciso di eliminarla e di inserirla nel backstage. Il tutto è reso ancora più ironico dal fatto che questo trattore era guidato da un attore napoletano.

Il trattore deve essere utilizzato bene, altrimenti rischia di essere banale. Mi piacerebbe tantissimo un duello a bordo di trattori, ma bisogna studiarlo molto bene!

Quali sono i motivi che ti spingono a scegliere auto storiche nei tuoi film?

Le auto storiche servono a creare un prodotto contemporaneo. Piuttosto che mettere un’auto nuova, che tra un anno avrà sicuramente un restyling, preferisco avere un Mercedes di 40 anni fa che è vecchio a priori e in definitiva sempre moderno e attuale.

Le macchine non sono importanti come oggetti in se, servono a spostare i personaggi da una parte all’altra, servono a sgonfiare la scena e permettere di preparare la successiva.

Aiutano anche a definire i personaggi. Il dottor Moreau, in Vigasio Sexploitation Vol. 2, guida la classica Mercedes del veterinario della campagna veneta. K, avendo come alter ego Lemmy Caution di Alphaville, avrebbe dovuto guidare una Mustang, non trovandola ho utilizzato una Camaro.

Quando inizi a girare un film, è tutto già programmato nei minimi dettagli o arrivi sul set e improvvisi, basandoti sulle tue idee?

Per Caino avevo programmato tutto mesi prima. Poi l’arrivo di Filippo Timi sul set ha fatto saltare tutto. Ho capito che è bello programmare in anticipo, ma i mezzi e le risorse a disposizione sono tali per cui devi essere bravo ad adattarti alle varie situazioni. Ho cominciato a girare in maniera molto libera, con una sceneggiatura di riferimento, lasciando molto spazio all’improvvisazione, sia mia che degli attori. Preferisco questo metodo, più libero e divertente. Mi da molta soddisfazione. Come direbbe Godard “La verità a 24 fotogrammi al secondo”.

C’è una storia che avresti voluto raccontare fin da piccolo ma che ancora non sei riuscito a trasporre in un film?

A dire il vero no. Però c’è un romanzo di Jonathan Littell, chiamato Le Benevole. Parla di un gerarca nazista specializzato nell’uccisione di massa degli ebrei. La storia si evolve fino a quando non diventa un industriale che produce merletti. É tratto dalle Benevole, che sono questi numi tutelari raccontati nelle tragedie di Eschilo. É un romanzo impegnativo, sono 600 pagine. Per realizzare questa storia servirebbero masse oceaniche, di Sergio Leone, o un uso smodato del green screen. Mi piacerebbe raccontare questa storia…. E un western, mi piacerebbe molto un fare un western.

Sappiamo che non ami la televisione. Ci sono, in questo periodo, molte serie interessanti, se potessi scegliere quale vorresti dirigere?

Quando parlo male della televisione parlo male dei prodotti che lobotomizzano il telespettatore. La tv è un mezzo che, insieme alla letteratura, ha formato i cittadini. Ripenso ai primi esperimenti di Rossellini, o a Fuori Orario. La televisione è un mezzo ed è in mano al commercio, quindi la prima preoccupazione è vendere gli spazi pubblicitari. Quando penso alle serie televisive, tipo Boardwalk Empire, le trovo estremamente interessanti. Sono film dilatati in 12 puntate. Il problema di alcuni di questi prodotti è proprio la serialità. Piace perché lo spettatore sa esattamente cosa succederà nella puntata. Cambiano i modi, l’ambientazione, la sotto-trama della puntata, però il pubblico sa che il protagonista si comporterà in un certo modo. Rimangono comunque buoni prodotti. Il Batman degli anni ’60 lo trovo estremamente pulito e genuino, senza alcuna pretesa di insegnare a leggere la realtà. Nel momento in cui vedo Vespa o Santoro, che pretendono di darmi una lettura giusta e corretta della realtà, mi viene il voltastomaco.

In realtà non guardo tantissime serie. Mi piace Boardwalk Empire, ho visto qualche puntata di True Blood e lo trovo carino, mi piace anche il Dr. House. Però preferirei sviluppare una mia serie da zero.

E se invece dovessi inventare una tua serie tv?

Mi piacerebbe creare una serie ambientata in un casino. Recuperare un casino degli anni ’60 e raccontare le storie delle puttane che ci sono dentro. Una adopera il culo, perché ha un cliente che quando la incula scoreggia e a lui piacciono le scoregge. L’altra è cicciona e hai i suoi fedeli clienti appassionati della carne che sbrambola. Praticamente Paprika di Tinto Brass, però sviluppata come una serie da venti puntate all’anno.

Consiglici un film…

Consiglio Melancholia. Mi è piaciuto moltissimo, trovo che Lars Von Trier abbia un’umanità e una presenza di spirito degne di un Dostoevskij.

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