Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo storto il naso di fronte alla musica commerciale, dichiarando di interessarci a tutto tranne che al pop, troppo banale per le nostre orecchie. Spesso però, dietro le produzioni commerciali, si nasconde l’abilità di chi la musica la sa fare veramente.
Qual’è il nostro stereotipo del produttore commerciale? Lo vediamo vivere in qualche grande città, inserito nella vita mondana; lo vediamo passare le notti tra un locale e l’altro e dormire durante la giornata. Cisa e Drooid sono due produttori commerciali, lavorano con l’Europa, il Sud America, gli Stati Uniti. Però hanno lo studio in un paesino tranquillo fuori Gorizia, a due passi dal confine Sloveno. Si svegliano presto la mattina, lavorano molto e hanno successo.

Cisa (destra) e Drooid (sinistra) nel loro studio – foto di Alessandro Venier
Com’è nata la vostra collaborazione?
Cisa: Noi veniamo da due strade diverse. Io sono autoctono di Pordenone, mentre il mio socio è autoctono di questa zona transfrontaliera (ridono), di Gorizia. Io vengo dalla musica black, dall’Hip Hop e, dal 2000 in poi, dalla musica Latina, mentre Drooid viene dall’Old School della Dance anni ’90.
Drooid: All’epoca lavoravo al Palace di Udine, lo studio dove sono stati mixati Africa Bambataa, Eins, Zwei, Polizei , Automatic Sex di Einstein Dr. Dj ed altri successi. Il fonico che ha mixato tutte queste cose, Fulvio Zuffret, mi ha insegnato le prime cose. Là si lavorava con un banco analogico molto grande della SSL (Solid State Logic), e ovviamente si faceva tutto in analogico. Questo approccio continuiamo ad averlo tutt’ora.
Cisa: L’analogico è la nostra filosofia, ovviamente portata al 2012. Sarebbe ancora possibile usare le bobine per registrare, ma è poco pratico. Noi cerchiamo di creare un suono che ha un che di analogico ma è potenzialmente illimitato, come il digitale.
Drooid: La nostra sfida è stata quella di mescolare le nostre origini, quindi la Trance, la Dance di influenza più tedesca con la musica black e latina. La cosa sta funzionando, ci ha fatto conosce artisti, produttori e ci ha portato fin qua.
Tutti e due venite da una scena che, bene o male, è frequentata dai puristi del genere. Com’è stato visto il vostro allontanamento verso qualcosa di più commerciale da quelli che hanno iniziato con voi.
Drooid: In verità, se metti qualcosa di tuo, anche nel commerciale, la gente rispetta quello che fai. Nel nostro computer trovi Beethoven come i Metallica, la Dance, l’Acid House. Io sono sempre stato abbastanza contrario al fatto di seguire un unico genere. Quando riesci a fare qualcosa, comunque, gli italiani ti daranno del venduto; peggio ancora se lavori fuori dall’Italia.
Cisa: Non mi ritengo già da molti anni un fruitore dell’Hip Hop italiano, perché vengo dalla vecchia scuola, di cui non c’è quasi più nulla. Negli ultimi dieci anni ho cambiato completamente genere. Chi mi etichetta come un venduto vuol dire che non mi conosce. Chi mi conosce sa che sono Cisa, sa come sono, e non gli interessa se faccio hip hop, reggaeton o house. L’hip hop italiano è un genere che sta implodendo su se stesso.
Avete una formazione nella musica o siete degli autodidatti?
Drooid: Ho studiato un po’ di armonia classica quando ero già grandino, dopo i vent’anni. La cosa è servita, finché mi sono scontrato con il mio professore di pianoforte, che si chiedeva perché facessi certe cose, quindi ho capito che forse era meglio esplorare una strada più personale. Tutto quello che è venuto poi l’ho imparato trafficando.
Cisa: Io suonavo la tromba con la mitica banda di Valvasone (ride), finché mi sono scontrato anche io con il mio professore, ma perché non riuscivo a fare certe cose. Quindi ho mollato, anche perché non era molto appagante. Come produttore e sound engineer mi sono formato da autodidatta. Poi da quando ho iniziato a lavorare con Drooid ho imparato molte cose. Lui viene dalla vecchia scuola, quindi conosce trucchi e accorgimenti che non si trovano in internet e, chi ce li ha, se li tiene ben stretti.
Come producete insieme? Vi dividete i ruoli?
Drooid: Principalmente stiamo lui un sacco di tempo al computer ed io al mixer, però ultimamente stiamo mescolando un po’ tutto.
Cisa: Dipende molto dal genere di produzione. Se facciamo cose più dance, io alzo le mani perché non posso competere. Con i pezzi più recenti, che magari sono un misto di Trance e Dubstep, collaboriamo diversamente. La dubstep come struttura ha dei bassi profondi, beat lenti, quindi forse è più legata alla mia esperienza. Cerchiamo comunque sempre di mantenerci commerciali. Alla fine, quello che funziona è il Cross-over non estremizzato. Non vogliamo avere un’etichetta, quelli che producono Dubstep, quelli che producono salsa… Cerchiamo di mescolare più generi con intelligenza. Per esempio, adesso abbiamo fatto un brano con una melodia tipica della salsa però unito al side-chain, che è un effetto della dance anni ’90, e n’è nato un ritmo che non ha ancora sperimentato nessuno.
Drooid: Quello che ci sta dando una mano a piazzare le cose è che noi non siamo mai contenti, cerchiamo sempre di capire se c’è un elemento abbastanza forte o no: il giro armonico, il suono, il mixaggio, il master , ecc. Bisogna sempre partire da un’idea, qualcosa che funziona e che ti fa ricordare la base, e che quindi ti aiuta a venderla. Perché al grosso artista interessa che la sua base sia riconoscibile. Non si sa cos’è a priori, ma l’idea deve essere presente.
Abbiamo un modo di produrre nostro, che potrebbe sembrare rilassato, ma invece ci aiuta molto: facciamo tantissime pause durante il giorno. Se si sta troppo tempo nello studio si diventa pazzi, tra frequenze varie e bassi. A volte ascolti per un giorno intero le stesse 8 battute e continui a lavorarci finché le cose non suonano giuste. Quindi ogni trenta, quaranta minuti, facciamo una pausa caffè, prendiamo una boccata d’aria e rientriamo con la mente fresca e rilassata. Recentemente abbiamo scoperto, da persone che fanno i coach per i manager, che questo è il modo che utilizzano loro per essere sempre concentrati. Tante piccole pause.
Questo metodo ha influito sulla scelta del posto, o è una cosa che è nata con il luogo?
Drooid: È stata una coincidenza, come un po’ tutte le cose della vita. Siamo usciti dall’ex Parco Basaglia, uno studio certamente più spazioso, dove però c’erano troppe pressioni politiche dietro, per cui la situazione non era rilassante. In questo posto avevo già lavorato anni fa ed era già preparato. Ritornarci è stata una fortunata combinazione, da quando siamo qua produciamo con un certo ritmo e le cose si sono evolute parecchio, seppur siano state preparate nel corso degli anni. Ci siamo resi conto che stare in un luogo tranquillo è fondamentale. Io ho lavorato a Milano, Bologna, Brescia, e quello che mi pesava di più era la mancanza di tranquillità. Quando esci in città, sei nel caos completo e stare nello studio ti sembra la tranquillità. Qui è il contrario.
In Italia, con il reggaeton e la trance, siete molto isolati. Com’è lavorare in un ambiente dove il lavoro viene prevalentemente dall’esterno?
Cisa: In Italia il mercato è saturo, perché c’è un sacco di gente che produce, per esempio la Dance, ma non quello che facciamo noi. Noi veniamo da questa realtà mista, quindi abbiamo potuto inserirci in America latina in circuiti praticamente vergini, con artisti che vengono dal reggaeton. Questi artisti stanno cercando il suono elettronico che noi abbiamo, ma non hanno la minima idea di come si arrivi a questo livello. Come se a noi chiedessero una bachata, magari la possiamo anche fare, ma non avremmo mai il suono che possono avere loro. È questione di DNA
Abbiamo trovato gente valida che ci ha aiutato a inserirci e ci ha dato il giusto modus operandi. Un conto è lavorare con gli italiani, un altro con i latini. Ti dicono che ti mandano le cose stasera, ma per loro stasera è la prossima settimana. Il loro tempo è tutto più dilatato e per noi all’inizio è stato difficile. Grazie al cielo abbiamo un manager che si preoccupa di chiamare e stressare la gente, e questo è un grosso aiuto, perché ci permette di concentrarci sulla produzione.
Drooid: Il nostro manager si chiama Luis Almonte, ha già vinto un Grammy Latino con Miguelito ed è appena stato nominato nuovamente. Miguelito è l’artista più giovane ad aver vinto un Grammy Latino, aveva 9 anni, mentre adesso ne avrà 13.
Ci pare di capire che voi lavorate soprattutto per gli altri, siete nelle retrovie. È frustrante?
Abbiamo lavori su commissione, dove tutto è già pronto e più di tanto non puoi sgarrare. Per fortuna produciamo anche i nostri pezzi, lavorando con i top liner. Quando sono pronti li proponiamo alla nostra schiera di artisti, che vanno dalle Major, agli indipendenti, e vediamo a chi può interessare. Lavorare così è molto più soddisfacente, perché il risultato è al 100% tuo.
Vi occupate di tutta la produzione?
Si, la base è solo il primo step. Poi mandiamo la canzone ai song writer per il testo, lo prendiamo, se ce n’è bisogno facciamo una scrematura e ristrutturiamo la base perché si adatti meglio alle parole. Il processo non è lineare, lo si aggiusta man mano. Alla fine mixiamo il tutto finché abbiamo il prodotto finale che ci piace. Prendere un sample e cambiarci la batteria non è quello che interessa a noi.
Come funziona il rapporto tra voi e i top liner con cui collaborate?
Drooid: Se prendete qualsiasi brano della classifica del mondo e leggete quanti autori ha, capite come funziona la musica adesso. David Guetta, per esempio, avrà 4 o 5 autori, più i produttori, cantanti, ecc. Fare un pezzo da classifica, adesso, vuol dire coinvolgere tante persone. La collaborazione è molto stretta e deve essere basata innanzitutto sulla fiducia. Il top liner si aspetta una base forte, come noi ci aspettiamo che ci arrivi il meglio che quell’artista può fare. In genere i top liner veramente bravi sono anche delle brave persone. Più sono bravi meno se la tirano, e di solito quelli che sono meno bravi pensano di saperne molto. Ma questo purtroppo succede in ogni ambito.
Cisa: In base al tipo di produzione, più latina o più dance, contattiamo dei top liner diversi. C’è chi fa solo i ritornelli, ma di quelli che non ti tiri più fuori dalla testa. C’è chi fa solo le strofe. Magari c’è bisogno di un rap, si contatta un rapper che fa solo l’intervento di 8/12 misure. Anche lì, ogni rapper ha il suo stile… spanglish, New York, più south; quindi bisogna mirare la persona più adatta.
Drooid: Adesso le etichette, quando sentono i demo fatti per un artista, si aspettano già di sentire un pezzo che suona come finito, quindi mixato, con i cori, le voci, e possibilmente con il top liner che assomiglia all’artista a cui lo si propone. Questo è il livello di qualità che si aspettano. Se presenti ad un etichetta un pezzo con una buona idea, ma registrato e mixato male, con quella che tanto si sistemerà poi, dopo tre secondi saltano la traccia.
Facciamo un po’ di nomi. A cosa avete lavorato e a cosa state lavorando adesso?
A livello di America Latina, abbiamo lavorato con tutti i massimi esponenti della scena Reggaeton a Portorico, come Wisin y Yandel, Daddy Yankee, Jayko. L’anno scorso siamo usciti con un mixtape di 15 pezzi, fra cui inediti e remix per artisti grossi. Il mixtape è andato molto bene, con più di 200.000 download nella prima settimana di pubblicazione. È stato una buona pubblicità. Adesso stiamo collaborando coi Luny Tunes, i produttori della Gasolina.
Per quanto riguarda l’Europa, abbiamo appena prodotto il singolo di Alex List, il Dj n°1 in Austria, che è uscito in abbinata alla sua biografia. Negli Stati Uniti abbiamo un sacco di work in progress, perchè è un anno che stiamo aggredendo il mondo americano e lavorare lì richiede il suo tempo.
Avete mai pensato di fare serate?
Cisa: A me non interessa, penso ci si debba concentrare su una cosa e farla bene. Noi ci svegliamo prestissimo la mattina, perché ci piace lavorare dalla mattina presto – si, 9, 9 e mezza, che per i produttori è un orario insolito. La sera andiamo comunque avanti fino a tardi, ma magari lasciamo le cose più rilassanti per ultime, mentre la produzione più pesante la facciamo di giorno.
Se fai serate ti svegli tardi, vai in studio tardi, il fine settimana sei completamente assente. Diventi meno efficiente nel processo produttivo e creativo.
Drooid: Io l’ho fatto il Dj in giro, però la verità è questa: I ritmi normali dei Dj sono sbagliati. Posto che fare poche serate e molto grosse è una cosa che non escludiamo, perché ci lascia i tempi per la produzione. La maggior parte dei Dj in giro hanno altre persone che fanno i pezzi per loro.
Se poteste scegliere di buttarvi in un genere specifico e in un mercato specifico, quale sarebbe?
Drooid: Noi abbiamo l’obiettivo di fare musica pop mescolata all’elettronica, ma che si senta in classifica. Che poi mescolare le cose non è per niente facile. Se prendete i singoli di Rihanna, Justin Bieber, o anche le pubblicità, ci trovate dentro dei sottogeneri. Non estremizzati come nell’underground, ma sono presenti.
Cisa: Se dovessimo scegliere un mercato in particolare, sarebbe certamente quello Statunitense, che è quello che ha più concorrenza, ma è anche quello che ti da più possibilità. In America funziona molto tramite i manager, o tramite gli artisti stessi, quindi in un primo momento si può bypassare l’etichetta, anche se poi la devi necessariamente confrontare.
Drooid: Il metodo anglossassone e americano è più meritocratico: se sei sconosciuto e fai qualcosa di interessante, qualcosa di solito ne nasce, qui invece non è così.
Avete un consiglio da dare a chi inizia a fare musica?
Cisa: Non credere alle favole, che fai un pezzo e diventi milionario, perché non funziona così. Il lavoro costante e l’impegno giornaliero pagano. Non subito, magari tra 10 anni, ma pagano. Prenderai tante porte in faccia, tanti calci in culo, ma devi essere pronto, credere in te stesso, superare le avversità e dare sempre il 120%: se fai 100 produzione bene e una male, la gente ti ricorda per quella che hai fatto male.
Drooid: Bisogna capire subito se hai quello che serve. Altro consiglio, sempre presentare le cose al meglio possibile. Se i pezzi registrati in casa non suonano bene, bisogna portarli in uno studio e farli suonare bene. Magari solo per presentarli ad un’etichetta… anche se poi non ne viene fuori niente.
Ultima domanda. Ci consigliate tre pezzi?
Drooid:
- 7 Lions – The Great Divide, è un mix fantastico, che abbiamo utilizzato come ispirazione. Era prima su Beatport un paio di settimane fa, è un dubstep molto melodico.
- I cry di Flo rida, che è un mix particolare sempre con la dubstep.
- Visto che vengo dalla dance, un pezzo di qualche anno fa che si chiama The Creeps, dei Freaks. Sentitelo perchè ha un tiro favoloso.
Cisa:
- Lil Keke – South side, che è un pezzo che ballavamo all’OK di Aviano come matti a metà anni ‘90.
- N.O.R.E. – Mathmatics.
- Poi il pezzo che mi ha fatto svoltare dall’Hip Hop al Latino, che è “Yo te quiero” di Wisin y Yandel feat. Jayko, che secondo me è uno dei pezzi più belli che sono stati scritti negli ultimi anni dagli artsti della scena latina. Jayko che, bisogna dirlo, adesso collabora con noi anche come Song Writer.