SANTA BARBARA, CA – Questo fine settimana era il Memorial Day Weekend, festa della quale buona parte degli americani non sa il significato, ma ne approfitta comunque per festeggiare, avendo un lunedì a disposizione per riprendersi dalla sbronza – o per continuarla, nei casi migliori. Come d’uopo, mi sono unito anch’io alla calca di messicani che si aggirava per Downtown e mi sono diretto al Soho, un locale del centro dove suonano musica dal vivo, che quella sera ospitava gli Azura.
Gli Azura sono un ex-gruppo universitario, che prima ancora era un ex-gruppo liceale. In tutti questi anni, nonostante le carriere scolastiche diverse, hanno continuato a suonare insieme, e adesso che sono laureati stanno tentando il salto per diventare professionisti. Ho conosciuto Max, il chitarrista, l’anno scorso, ma non ero riuscito a vederli prima. Ho approfittato di questa domenica per andare al loro spettacolo.
Nonostante fossero gli unici a esibirsi, il locale era piuttosto pieno e reattivo, e devo dire di essere rimasto molto sorpreso dal concerto. Sono una band pop-rock, generalmente un genere che non prediligo, e puntano ad un pubblico ‘adolescenziale’. Nonostante questo non sono affatto banali e le loro canzoni entrano facilmente in testa: variano dall’Indie alla Strokes a pezzi più commerciali molto Phantom Planet. Si sente che hanno ancora bisogno di crescere, sono ancora eterogenei e devono definire meglio il loro stile, soprattutto visivo; nonostante questo sono molto efficaci, suonano con disinvoltura e si capiscono al volo – si sente che si conoscono da molti anni. In più il cantante sa coinvolgere il pubblico – e non stona, il che è raro.
Dopo il concerto mi sono unito alla Band per chiacchierare, e sono stato trascinato in un’afterparty in una casa lì vicino, di cui non ho ancora individuato il proprietario. Tra una cosa e l’altra, sono tornato sui miei passi solo alle cinque di mattina, decisamente confuso. In un momento di lucidità, mi sono fatto raccontare qualcosa in più, e ne è uscito un discorso molto serio su di loro e la loro musica: sono musicisti e ovviamente vogliono fare quello che gli piace, ma pur sempre devono viverci, e se puntare a un pubblico un po’ più commerciale può aiutarli, di certo non ci rinunceranno. Poi, una volta affermati, quando nessuno potrà toglierli da dove sono, si dedicheranno a quello che gli piace.
Il padre di uno di loro era un compositore piuttosto conosciuto negli anni ’80 – quando produceva Prince! Il figlio, scherzandoci sopra, mi ha raccontato degli insegnamenti del padre. “Tutti i genitori vogliono che i propri figli facciano il Dottore o l’Avvocato, perché sanno che questo gli permette di sopravvivere. Ma se anche i genitori sono musicisti, di conseguenza vogliono che i figli siano dei musicisti Pop, perché (tra i musicisti) sono i Dottori e gli Avvocati. Quando siamo in studio e ci sente ascoltare Rihanna o Justin Timberlake salta dentro ed esclama: “Finally you turned Pop!”.
Per quanto opinabile possa essere tutto ciò, purtroppo hanno ragione. Los Angeles è affollata di piccole band, e se si vuole sopravvivere, bisogna essere prima di tutto consci di se stessi e capire cosa è più efficace. Loro suonano bene, hanno canzoni orecchiabili, e possono piacere alle ragazzine: perché sprecare un’occasione del genere? Il discorso è poi diventato più sentimentale e, come spesso accade, sono partiti gli abbracci e le dichiarazioni di amore. La serata è stata però molto divertente; di certo non me li perderò se dovessi incappare di nuovo in un loro concerto.
Aspettando che esca l’album nuovo, di cui hanno dato un’anteprima al concerto, vi rimando al loro MySpace, dove potete ascoltare alcune delle loro canzoni.
Edoardo Vojvoda